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Forbes intervista Vittorio Moretti
Il dopo Coronavirus visto dai grandi dell’imprenditoria, parla Vittorio Moretti di Anna Piera Franini
Conosciuto come il signore delle bollicine – Bellavista anzitutto – Vittorio Moretti è presidente del Gruppo Terra Moretti, holding dove confluiscono tre attività d’impresa – costruzioni, vino e hotellerie – per un fatturato complessivo di 138 milioni e 787 dipendenti. Il quartier generale è alle porte di Brescia, in Franciacorta.
Moretti, classe 1941, è stato un startupper seriale in un’epoca in cui il termine non esisteva. Da solo e dal nulla, in mezzo secolo d’attività, ha lanciato un sistema di 11 aziende. La persona ideale con cui aprire il piccolo ciclo di interviste sul tema “Il D.C. (Dopo Coronavirus) visto dai grandi dell’imprenditoria italiana”.
Aveva cinque anni quando l’Italia iniziava la ricostruzione post guerra. E’ d’accordo con chi prospetta uno scenario da secondo dopo-guerra?
La guerra lascia distruzione, porta a un cambiamento radicale, il nostro è un discorso diverso. Nel dopoguerra andavamo a raccogliere i mattoni delle case bombardate per ricostruirle altrove. Noi non avremo macerie. In compenso quel che viviamo è peggio della guerra perché prima di tutto non è chiaro quando finirà, poi combattiamo contro un nemico che non si vede e che la scienza non riesce a fermare.
…un nemico a causa del quale alcune aziende rischiano di morire sul campo?
Le aziende strutturate saranno in grado di risolvere i problemi, saranno in difficoltà le piccole realtà. Però i consumi non possono che riprendere perché le abitudini non le cancelli con un colpo di spugna. Ci vorrà un po’ di tempo per assistere alla rinascita, ma ci saranno altri boom.
Possiamo fare un primo bilancio sull’impatto del Covid-19 sulla vostra Holding?
Sul fronte costruzioni stiamo portando avanti degli ordini, anzitutto con gli Spedali Civili di Brescia. Si tratta di sei nuovi padiglioni, che non saranno permanenti, ma pensati per far fronte all’attuale e future emergenze.
Future emergenze?
Sì perché non si sa quando finirà la bufera, e soprattutto quando un vaccino chiuderà questo cerchio. Per il comparto del vino sarà molto più dura, quel che è perso è perso. Recuperare? Quando si risolverà veramente tutto allora magari la gente tornerà a rilassarsi aiutandosi con un buon bicchier di vino. Per l’hotellerie si sa. Siamo chiusi. Quindi questi mesi sono persi. Vediamo se in estate si recupererà qualcosa.
In questo clima di sospensione e di ipotesi quali sono le certezze?
Che la gente non si muoverà fino a quando non ci saranno certezze formulate da scienziati. E poi che per ripartire ci vorrà grande forza.
Come i grandi imprenditori, lei è costruttivo per natura. Riesce ad esserlo anche in un momento così fosco?
Progettare e costruire sono la base del nostro sistema e sono sempre state la leva straordinaria delle mie esperienze. Non riesco a non guardare avanti, non riesco a non sognare. Dirò di più: non posso non sognare un futuro forte e rigoglioso. Prima o poi si ripartirà e bisognerà ripartire progettando.
Medicine per uscire dalla recessione che si prospetta e che di fatto già si insinuava in fase pre-Covid19?
La nostra volontà, la positività, la lungimiranza e voglia di fare. In una parola, bisogna voler essere vivi.
Un commento sul Decreto “Cura Italia”. C’è chi l’ha ribattezzato “Uccidi Italia”
Ormai non segue molto la politica italiana anche perché siamo privi di politici. Uomini veri non ci sono più. Abbiamo dei personaggi che fanno del loro meglio
Per le nostre aziende italiane si parla del rischio scalata da parte di investitori stranieri.
E’ un processo in atto da tempo. Chi ha soldi compra. Il punto è che sono le nostre famiglie imprenditoriali che devono poter assicurare al meglio i passaggi generazionali. Noi anziani abbiamo costruito e ricostruito. La mia famiglia crollò nel 1918 con la spagnola. Poi ci siamo ripresi: papà fece la sua parte ed io l’altra . Spero che i figli abbiano questa voglia di portare avanti tutto.
Vige lo slogan “Andrà tutto bene”. Una persona concreta come lei sicuramente aggiunge un “se”.
Se avremo voglia di fare e di lavorare, di guardarci dentro e progettare. Chi si siede è perduto.