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3° MORE Talk | L’authorship dell’architetto in relazione allo sviluppo delle tecniche costruttive
Quali sono le sfide dell’innovazione costruttiva nel prossimo futuro? Che conseguenze espressive ha causato la separazione tra esterno ed interno nella realizzazione degli edifici? Quali sono le potenzialità della prefabbricazione rispetto all’impiego dei sistemi tradizionali e come possono rappresentare una garanzia dell’authorship degli architetti?
Sono questi e molti altri gli interrogativi posti dal terzo e ultimo MORE TALK che si è tenuto la scorsa settimana a Milano. Il terzo MORE TALK fa parte del progetto “Costruire il nuovo millennio” promosso da Moretti MORE, curato dall’arch. Stefano Larotonda; l’iniziativa include anche un concorso di progettazione ed una mostra a Venezia che documenterà l’intero progetto.
A differenza dei primi due incontri che hanno visto un approccio multidisciplinare sui temi dell’abitare, quest’ultimo ha coinvolto esclusivamente architetti quasi a richiamare l’attenzione sulle sorti della figura professionale specifica e il ruolo dell’architettura nel costruire di oggi.
L’incontro “SISTEMI COSTRUTTIVI: DAL MODERNO AL CONTEMPORANEO” è stato moderato dall’architetto Federico Tranfa. Si sono confrontati sul tema gli architetti: Pia Durisch, Aldo Nolli e Franz Graf.
L’arch. Valentina Moretti – Vicepresidente di Moretti Spa e direttore creativo Moretti-MORE e promotrice dell’iniziativa – interviene sul tema della responsabilità degli architetti nella definizione del paesaggio e della qualità dell’abitare, individuando nell’edilizia industrializzata un approccio completo integrato alla costruzione.
L’arch. Riccardo Blumer cura nel corso di ogni MORETALK una speciale rubrica incontro ha affrontato in modo poetico il tema del linguaggio, della coreografia nello spazio e il rapporto tra natura e movimento.
Riportiamo in sintesi gli interventi dei presenti:
Arch. Franz Graf
“Dopo gli anni ‘70 nuovi sistemi costruttivi si sono affacciati sulla scena e gli architetti hanno avuto la possibilità di lavorare con materiali e soluzioni nuove che hanno contribuito a trasformare considerevolmente il paesaggio. Penso ai tantissimi progetti in acciaio o in calcestruzzo; in questo approccio è sempre stata carente l’attenzione verso la problematica delle prestazioni termiche. Con il tema della sparizione della struttura, negli anni ‘90 si è tentato di risolvere la questione separando l’esterno dall’interno. Un gioco fra decoro esteriore e layout interno, senza una effettiva corrispondenza.
Sul tema della responsabilità del progettista nel campo della prefabbricazione, si deve parlare a mio avviso del tema del controllo. Controllare significa sperimentare. E progettando facciate complesse è difficile arrivare al dettaglio. Esiste un marchio di fabbrica nell’acciaio che distingue la progettazione in Italia come forse nell’esempio di Mangiarotti, o dei BBPR. C’è molto da fare, spesso il compito è più legato al mondo degli ingegneri e delle imprese, che agli architetti. La sfida della prefabbricazione è rispondere a più esigenze con il minor numero di elementi possibili. Con un controllo rigoroso della facciata e lavorando sulla modularità e sulla qualità del pannello possiamo arrivare ad altissimi livelli.”
Arch. Aldo Nolli
“Lo sdoppiamento dell’involucro dal sistema costruttivo ha portato ad una grande libertà e a soluzioni piuttosto estrose. A me piace parlare di “tettonica della facciata”, in quanto è fondamentale ritrovare la scala urbana dell’edificio che va inteso come organismo e dunque la facciata deve ritrovare una sua modularità, un ritmo coerente con l’intorno e, dunque, con la scena urbana. La prefabbricazione ha il vantaggio di permettere di costruire elementi di grande qualità, se si pensa allo spessore sottilissimo a cui si riesce ad arrivare. In ottica futura, la ricerca nell’ambito della prefabbricazione andrà verso un sistema modulare che permetterà all’architetto di progettare ogni edificio come un oggetto unico e non standardizzato.
Dalla costruzione industriale si può offrire un servizio altamente specializzato in cui l’architetto è figura centrale di chi ha la visione generale dell’opera, anche dal punto di vista costruttivo. Occorre attuare la “Progettazione integrale” e definire un modello, sviluppando un progetto pilota per mostrare le potenzialità del sistema. Ci vuole una rottura radicale e culturale.”
Arch. Pia Durisch
“L’architetto ha perso la voglia e l’energia di confrontarsi con la complessità. Forse c’è stato uno scollamento tra l’ambiente interno e la costruzione nell’insieme e dunque l’espressione della facciata è importante ma non decisiva. L’equilibrio più giusto è verso l’ecosostenibilità, ovvero facciate più a misura d’uomo con materiali semplici legati alla nostra storia, come il calcestruzzo o l’acciaio. Per la prefabbricazione, credo sia necessario capire come oggi si vuole vivere e studiare un sistema modulare che possa adattarsi alla soluzione unifamiliare e plurifamiliare, concentrando l’attenzione sulle diverse tipologie. Il tema della personalizzazione è centrale, non si può proporre la stessa casa ovunque, in qualunque contesto. Si devono cercare dei sistemi costruttivi e tipologici che permettano di ampliare l’ambito della prefabbricazione.
Dal punto di vista dei materiali da usarsi nella prefabbricazione, la tipologia è importante a livello culturale: è strettamente associata alle modalità dell’abitare. Se è vero che il legno è legato ad un concetto di abitare green, calore, naturalità, il calcestruzzo prefabbricato ha valori di durabilità. Bisogna dare qualcosa di più a chi cerca la prefabbricazione. Il calcestruzzo dura di più nel tempo e chi acquista vuole guardare avanti ed è molto sensibile al valore di durabilità della casa. Chi acquista la casa prefabbricata la sceglie perché è più moderna e permette un modello di vita più contemporanea. Se poi è configurabile secondo le proprie esigenze e dura nel tempo, è il massimo. Quindi bisogna proporre un prodotto di qualità garantito nel tempo per quanto riguarda le prestazioni.”
Arch. Valentina Moretti
“Il tema centrale è che non si lavora sulle componenti ma sull’insieme. L’edificio deve essere inteso come un sistema. Potrei dire che la prefabbricazione è un atteggiamento. Non si pensa solo al pannello ma si deve pensare anche al giunto, alla trave e a tutti gli elementi collegati. In Moretti MORE abbiamo un pannello brevettato, studiato per rispondere a queste esigenze. Ma se ogni soluzione abitativa avesse una soluzione ad hoc?
In ambito tipologico, non si può parlare solo del sistema costruttivo, in quanto l’edificio, la casa, è un organismo unitario. Noi sviluppiamo un concept tipologico che parte da un archetipo riproducibile e poi ragioniamo sugli edifici come fossero oggetti, cioè arriviamo ad un dettaglio di personalizzazione estremo, come il concept linea o patio.
Perché il mercato scelga e apprezzi determinati tipi di soluzioni prefabbricate, è necessaria una nuova educazione e la responsabilità a mio avviso è in mano all’architetto. Il cliente non informato di solito non si rivolge all’architetto soprattutto in contesti extraurbani; occorre rieducare il cliente e accompagnarlo verso scelte di autenticità, come ad esempio l’utilizzo del calcestruzzo senza l’intonacatura, o verso altre soluzioni che massimizzino l’efficienza e il risparmio energetico.”